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Curiosità

intervista con Valeria Ferini

intervista con Valeria Ferini

Intervista a IOSNO

IO SONO: il viaggio di IOSNO verso la verità
Un’intervista profonda con IOSNO
tra crisi, consapevolezza e risveglio interiore

In un tempo in cui la ricerca di sé sembra un lusso, Alessio Balza — conosciuto come Iosno — ci ricorda che è invece una necessità.

In questa intervista intensa e sincera, Iosno racconta il suo percorso di trasformazione: dalla crisi personale alla nascita di un progetto che è prima di tutto un atto di verità.

Attraverso parole che vibrano di esperienza vissuta, ci accompagna in un viaggio fatto di silenzi, cadute, risvegli e consapevolezze.

Non c’è nulla di teorico qui: solo vita che si osserva, si accetta e si trasforma.

E forse, leggendo, ci ritroviamo anche noi.

 

Domanda: Hai fondato il progetto “Iosno”, che prende il tuo nome. Hai scelto questo nome dopo una crisi personale, giusto?

Iosno: Sì, “io sono” non è un modo megalomane di vedere le cose, ma qualcosa di radicale, essenziale. Ero una persona che si etichettava molto: dipendente dal lavoro, dagli affetti, da tutto ciò che era esterno. Dopo una crisi profonda, una lotta contro il mio mostro interiore, non ne sono uscito vincitore, ma cambiato. Ne sono uscito trasparente. E questa trasparenza ha permesso alla vita di attraversarmi giorno dopo giorno. Cado ancora, ma a volte atterro in piedi come i gatti.

Domanda: Il progetto non nasce per profitto, vero?

Iosno: Esatto. Il nome è diventato anche simpatico, fonetico, lo usiamo per giocare con la realtà. È bello perché trasmettiamo un messaggio in cui crediamo. In fondo, sono insegnamenti che do a me stesso. Chi fa questo lavoro, alla fine, parla prima di tutto a sé stesso.

Domanda: Hai vissuto un’esperienza intensa di immobilità. Cosa hai provato?

Iosno: I primi giorni, nulla. La mente era agitata, voleva andare ovunque. Ma dopo ore di immobilità – tre, quattro, anche dieci – è come se si accendesse un interruttore: gioia, estasi. Non sai perché. Ti escono lacrime di comprensione, di qualcosa che la mente non può afferrare. Ho vissuto la sensazione più potente della mia vita. Mi sono svegliato e ho detto: “Io sono uno”. Ma subito la mente ha iniziato a raccontarmi frottole. E lì ho capito cos’è l’ego. L’ho visto.

Domanda: Le persone spesso confondono l’osservazione di sé con l’analisi.

Come affronti questa difficoltà?

Iosno: Facciamo dei giochi. È la cosa più difficile al mondo. Il dialogo interiore è fuso con la personalità. Anche ora che parlo, potrei osservare me stesso che usa schemi mentali per decifrare la realtà, oppure potrei essere fuso con l’identificazione dell’ego, del mio “io pratico”. Da lì diventi schematico, compulsivo, racconti cose che hai visto nei film o sentito dai genitori. Tutto parte dalla memoria. Viviamo attraverso la memoria e diventiamo funzionali. Ma così non siamo mai davvero noi stessi.

Domanda: Quindi la presenza non è descrivere ciò che ci circonda?

Iosno: Esatto. Dire “sono presente” perché vedo la sedia o le caramelle è solo descrizione. La realtà è diversa per ognuno, quindi non esiste una realtà unica. Se avessimo gli occhi di una farfalla, vedremmo qualcosa di completamente diverso. La realtà è un’esperienza sensoriale. Quando mi dicono “è una simulazione”, rispondo: certo che lo è. Ma non nel senso che è finta o insignificante. Qualunque realtà sarà sempre una simulazione.

Domanda: Molti hanno paura di stare soli con sé stessi. Ti capita di incontrare persone così?Iosno: Tutti. Ma chi si avvicina a me spesso ha vissuto qualcosa di simile. A volte è la perdita di un animale domestico, altre volte è una sofferenza profonda. La mia era una sofferenza da ignoranza: volevo sapere chi sono. Non mi muovevo finché non ricevevo una risposta. Sono andato anche da psicoterapeuti, ho migliorato, ma nessuno rispondeva a quelle domande. Le istruzioni le avevo io. Allora mi sono seduto. E basta.

Domanda: Anche tu eri fotografo, io parrucchiera. Entrambi abbiamo lasciato un mondo che non ci apparteneva più. È stata la curiosità verso noi stessi a spingerci?

Iosno: La cosa più bella, secondo me, che ti fa capire di aver fatto il passo è quando la reazione degli altri diventa meno interessante della tua. Ti chiedi: “Tu fai quello che vuoi, ma io cosa sto facendo dentro?” È lì che cambia tutto.

Domanda: Ti è rimasto qualcosa del tuo lavoro nella fotografia?

Iosno: Ho buttato tutto. Non ho più scattato una fotografia, anche se credo di saperlo fare. Ora però scatto fotografie continue… nella mente. Le vedo e penso: “a posto, anche questa l’ho vissuta”. Ho guardato la vita da un monitor per vent’anni, cercando l’immagine perfetta, quando ce l’avevo davanti.

Domanda: Hai scritto anche un libro sulla pratica della mindfulness. Com’è vivere in mindfulness?

Iosno: È osservare tutto, soprattutto te stesso, dal mattino alla sera. Non c’è pausa. Ogni volta che ti ricordi, ti osservi. All’inizio è faticoso, ti sfuggi da tutte le parti, come avere un pitbull dentro che vuole mordere tutti — e quel pitbull sei tu. Poi impari a gestirlo. Capisci che stai guidando un umano. Non sei più il burattino, diventi il burattinaio.

Domanda: Esiste una differenza tra crescita personale e crescita spirituale?

Iosno: Credo che tutti la stiano facendo, anche senza accorgersene. Magari sei al mare, litighi col commercialista, poi dici “aspetta, io sono qui, il commercialista non c’è”… già stai lavorando. I contenuti arrivano per sincronicità: l’amico, il discorso, il messaggio in TV, i cartoni animati. Alcuni cartoni parlano dell’anima, della crescita, dei pensieri, della notte buia… hanno valori incredibili.

Domanda: Come si fa a vivere in un mondo che ti chiede costantemente di fare, tra palestra, figli, lavoro?

Iosno: Con il silenzio. Il silenzio diventa un premio, un posto in te. È lì che devi lavorare, altrimenti non comprendi certe realtà. La liberazione avviene nel fango, non nelle nuvolette rosa. Quando sei nel fango e dici “voglio uscirne da solo”, lì cresci. Come i germogli: prima stanno al buio, poi escono, e il vento li fortifica. Ora voglio vedere il resto, scoprire, divertirmi. Sono al Luna Park. La vita è questo. Può sembrare semplificato, ma scegli tu cosa dare attenzione. Può essere uno psico-penitenziario o un parco giochi. Dipende da te.

 

Questa conversazione con Iosno è molto più di un’intervista: è uno specchio.

Un invito a fermarsi, a guardarsi dentro, a riconoscere che la vita — anche nel fango — è un Luna Park, se scegliamo di viverla con presenza. Le sue parole ci ricordano che non serve essere perfetti, ma autentici. Che non si tratta di cambiare gli altri, ma di riconoscere noi stessi.

E che ogni pensiero, ogni gesto, ogni silenzio può diventare un passo verso casa. Grazie Iosno per averci aperto la porta. E grazie a chi leggerà, con il cuore aperto.

 

Chi sono: Marisa De MarcoLife coach, counselor e presidente dell’associazione Punto di Svolta. Dopo anni nel mondo della bellezza e l’hair styling ha scelto di dedicarsi alla crescita personale e spirituale e alla divulgazione consapevole. Ama creare spazi di ascolto autentico, dove le parole diventano strumenti di trasformazione e le esperienze si intrecciano in percorsi di risveglio. Attraverso interviste, incontri progetti corsi e sessioni individuali, accompagna le persone a riconoscere la propria verità, con delicatezza, profondità e pragmatismo. Vive Bologna è mamma, e crede che ogni svolta inizi da dentro. Attualmente divulgare il minimalismo spirituale, è il suo progetto.

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